Tumore allo stomaco: solo un caso su cinque viene individuato in fase precoce (e ogni anno 15mila italiani si ammalano)
health - 25 Oct 2024

Tumore allo stomaco: solo un caso su cinque viene individuato in fase precoce (e ogni anno 15mila italiani si ammalano)
Sono oltre 15mila gli italiani che ogni hanno ricevono una diagnosi di carcinoma gastrico, che solo in un caso su cinque viene individuato in fase precoce. Un tumore aggressivo, dal quale si può guarire se viene scoperto in tempo e asportato chirurgicamente da mani esperte, per cui è importante fare attenzione ad alcuni sintomi che seppure vaghi devono insospettire quando persistono per molte settimane.
I sintomi
Quali? «Disturbi persistenti della digestione o acidità di stomaco che non passano dopo uno o due cicli di cure, perdita di peso senza causa evidente, nausea, inappetenza, un generale senso di debolezza e stanchezza, sangue nelle feci o diarrea, se si soffre di reflusso gastroesofageo senza trarre benefici dalle terapie sono le avvisaglie da non trascurare: è bene parlare con un medico e fare una gastroscopia, senza indugi» risponde Claudia Santangelo, presidente dell'associazione Vivere Senza Stomaco si può che lancia una nuova campagna di sensibilizzazione con l’obiettivo di sensibilizzare tutti cittadini e medici per individuare tempestivamente la neoplasia e potersi avvalere del miglior percorso di cura.
Farsi curare solo in ospedali specializzati
Nonostante i casi di carcinoma gastrico siano in aumento in Italia, grazie ai passi avanti compiuti dalla ricerca scientifica la mortalità da qualche anno ha iniziato a diminuire e sono arrivati nuovi farmaci che hanno contribuito ad allungare la sopravvivenza media di pazienti con una neoplasia in stadio avanzato o metastatico. Purtroppo, però, ancora oggi il tumore allo stomaco viene in molti casi diagnosticato in fase avanzata, così solo il 40% dei malati riesce a essere operato in maniera radicale e ad avere una speranza di guarigione.
Per chi si ammala di carcinoma gastrico è cruciale farsi curare in un centro specializzato, dove i vari medici si confrontano tra loro in modo da scegliere le terapie più indicate nel singolo caso, perché così crescono le possibilità di sopravvivere e di vivere meglio. Ma questo non accade in maniera uniforme in tutta Italia: i Pdta (percorsi diagnostico terapeutico assistenziali) e le reti oncologiche sono, in pratica, ciò che serve perché un malato, in qualsiasi parte del Paese, possa accedere agli specialisti più preparati in questa forma di tumore e alle terapie più efficaci, senza perdere tempo prezioso.
Da un'indagine condotta per la campagna dell'associazione, emerge però che solo nel 15% dei centri di chirurgia oncologica interpellati esiste un percorso completo diagnostico e terapeutico comprendente chirurgo, genetista e anatomo patologo dedicato con possibilità di analisi molecolari. «C'è molto da fare - dice Giovanni Corso, chirurgo presso l'Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano e ricercatore universitario dell’Università Statale -. La chirurgia al momento rimane ancora il trattamento più importante nella maggior parte dei casi. L’intervento col bisturi può essere efficace, ma si tratta di un’operazione molto complessa da affrontare ed è cruciale rivolgersi solo in strutture sanitarie che possiedono grande esperienza».
L'iniziativa
«Vanno subito attivati, e resi operativi in tutta Italia, dei percorsi dedicati specifici - aggiunge Santangelo -: è nostra priorità sollecitare tutte le Istituzioni sanitarie sia locali che nazionali affinché il paziente con carcinoma gastrico possa avvalersi di una organizzazione omogenea su tutto il territorio nazionale. Con questa iniziativa, poi, vogliamo aumentare la consapevolezza generale della popolazione per favorire diagnosi più precoci, far comprendere quanto sia una malattia difficile ma con la quale è possibile convivere e lo faremo anche attraverso le parole di chi ha vissuto in prima persona l’esperienza. Al tempo stesso vogliamo supportare malati e caregiver con consigli utili e pratici su come affrontare la neoplasia».
Il progetto, realizzato con il contributo incondizionato di Astellas, prevede una serie d’iniziative che hanno come testimonial il conduttore televisivo Massimiliano Ossini, protagonista di uno spot per YouTube. Viene poi avviata una campagna sui social media e sono state promosse tre indagini tra gli specialisti (oncologi, genetisti e chirurghi). Per pazienti e caregiver è realizzato e distribuito il booklet «Mangiare bene per vivere meglio», una guida che sostiene i pazienti nel ritrovare, dopo l’intervento, il piacere verso il cibo. Nel volume sono raccolte le indicazioni di esperti nella nutrizione del paziente gastroresecato (al quale è stato asportato lo stomaco) nelle diverse fasi. Infine sul portale web viveresenzastomaco.org è attivata una speciale sezione in cui sono raccolte 10 storie di pazienti, caregiver e medici che hanno vissuto da diverse prospettive il tumore allo stomaco.
Chi rischia di più: le forme ereditarie
Le cause del carcinoma gastrico non sono ancora del tutto chiare, infatti, sono stati scoperti diversi fattori di rischio: gastrite atrofica (un’infiammazione dello stomaco), infezione cronica da Helicobacter pylori (responsabile di ulcera e gastrite), sovrappeso e obesità, sedentarietà, fumo, dieta povera di frutta e verdura, consumo eccessivo di carni rosse, cibi conservati con sale, nitrati e affumicati.
«E poi ci sono le forme eredo-familiari, che pur costituendo una minima parte (fino all'8%) di tutti i tumori dello stomaco diagnosticati in un anno, hanno una rilevanza estrema perché dovuti a mutazioni geniche (in particolare dei geni CDH1 e CTNNA1) che possono essere trasmesse dai genitori ai figli e condivise con altri familiari e che sono associate a forme aggressive di carcinoma sia gastrico che mammario - spiega Antonio Russo, professore Ordinario di Oncologia Medica presso l'Università di Palermo -. Perciò necessaria un’accurata gestione della diagnosi e il follow-up dei pazienti e anche dei consanguinei sani». Questo, però, non sempre avviene: secondo le indagini condotte per la campagna, infatti, soltanto il 45% dei centri oncologici interpellati effettua regolarmente i test genetici ai pazienti under 50 e solo un terzo si occupa anche della gestione dei portatori sani di varianti patogenetiche.
Test genetici salvavita
L’80% delle strutture sanitarie risulta collegato a centri di genetica oncologica e garantisce un supporto essenziale. Però solo nel 27% dei casi c'è un iter strutturato per la presa in carico delle persone risultate positive a mutazioni nei geni CDH1 o CTNNA1. «È assolutamente necessario standardizzare sull’intero territorio nazionale i vari percorsi di gestione di pazienti che devono essere considerati ad alto rischio - conclude Bernardo Bonanni, direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica dell'Ieo di Milano -. I test genetici germinali rappresentano un’importante risorsa per la prevenzione e la personalizzazione delle cure di molte forme di cancro, come quello allo stomaco. Gli esami genetici possono essere salvavita e migliorare le opportunità dei pazienti. Devono essere svolti ed interpretati preferibilmente in centri oncologici altamente specializzati, soprattutto quando bisogna individuare mutazioni rare e predisponenti a rischio multi-organo come quella in CDH1, che può determinare alto rischio di tumori dello stomaco ma anche della mammella».